"Vi racconto Bruxelles, una città da cui scappare"

bruxelles.jpegGiulio, brianzolo, ha vissuto a Bruxelles fino a due anni fa. Nei giorni degli attentati ha avuto occasione di risentire amici, conoscenti, negozianti. Ecco per concorezzo.org il suo ritratto della città che dovrebbe essere il simbolo dell'Unione europea.

A pochi giorni dagli attentati ho incontrato Federica, che lavora negli uffici della Commissione Europea di fronte alla stazione metro di Maalbek, dove è esplosa una delle bombe. “Abbiamo sentito un tonfo” mi ha detto “e il nostro palazzo ha vibrato.  Non so cosa dire, è tutto così impossibile.  Per fortuna che tra un paio d’anni posso andarmene da Bruxelles, e se trovo un altro lavoro altrove anche prima.”

 A fine febbraio sono stato a Bruxelles per lavoro, città dove vivevo fino a due anni fa.  In quell’occasione ho incontrato un amico ungherese, Istvan, quarant’anni, una moglie e un figlio e una decina d’anni di lavoro nelle Istituzioni Europee.

Dal fine settimana del coprifuoco in poi abbiamo paura ad andare in centro, a usare la metropolitana.  Temiamo che succeda qualcosa.  Non vedo l’ora che Kelemen (il figlio n.d.r.) finisca il ciclo scolastico, così ce ne torniamo in Ungheria, dove con Orban c’è massima sicurezza.”

Insomma, la stessa reazione un mese prima degli attentati, una chiara previsione di quello che sarebbe accaduto e un ripensamento da parte di Istvan (moderato cattolico) che un anno fa vedeva Orban come un fanatico di destra. 

Massimo, 38 anni, ristoratore e a Bruxelles da una vita, il giorno di Pasqua via whatsapp si è sfogato “Era solo questione di tempo, bisogna sperare che i molluschi che ci governano trovino un minimo di coraggio per fare ciò che va fatto.”  

Il Belgio, sotto una spessa coltre di laicità a tutti i costi, ben diversa dalla tolleranza religiosa dell’Editto di Milano con cui di fatto nacque l’Occidente, ha favorito il formarsi di ghetti che sono diventati Paesi nel Paese, città nella città; ha tollerato moschee abusive con Imam improvvisati che nemmeno nello Yemen dilaniato dalla guerra civile verrebbero presi sul serio e che in Marocco o Egitto sarebbero probabilmente già in galera; ha concatenato una serie di primi ministri da operetta (Di Rupo e Michel i sommi interpreti ma non gli unici responsabili); ha concesso uno stato sociale troppo generoso a chiunque e ha badato troppo spesso alle noccioline invece che agli elefanti.  Questi errori hanno provocato ciò che è accaduto. Non solo a Molenbeek ma anche nei comuni di Bruxelles più alla moda come Ixelles o St. Gilles, nei corner shop aperti tutta la notte spesso trovi delle tazze per le offerte alla “moschea” X o Y, e spesso noti dei personaggi (clienti o negozianti) con le barbe lunghe e la suoneria del telefonino impostata con inni sacri. E’ capitato diverse volte poi di scoprire che alcuni di questi personaggi andavano e venivano dalla Siria o semplicemente alimentavano lo scontro interreligioso (spesso anche tra la “moschea” o la “setta” X e Y). Stesse scene tollerate per fretta o incoscienza anche in molte altre città europee, a partire da Milano. Sarà la nostra Molenbeek?