Negozi storici, aperte le candidature

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Concorezzo. Come da tradizione, il Comune è al lavoro per valorizzare le attività storiche del paese. Fino al 30 aprile si potranno presentare in Municipio candidature o segnalazioni. E’ richiesta la conservazione dell’attività per un periodo non inferiore a cinquanta (50) anni, a prescindere dall’ubicazione, ferma restando la permanenza sul territorio comunale, o da eventuali sub ingressi per atto tra vivi o mortis causa. Per calcolare il periodo di 50 anni va considerato come intero anche l’anno di richiesta del riconoscimento (al 31/12).

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Lo sapevate che?

Concorezzo, di origine celtica ma sviluppatosi come castrum in età romana, è ricordato in documenti di epoca Longobarda, ma solo a partire dal XII secolo assume il carattere di borgo, cioè di agglomerato urbano rilevante per popolazione e qualità dei fabbricati.

È presumibile che già in quel periodo il paese fosse centro di scambi commerciali con Milano, Monza e la vicina Vicus Mercati, attuale Vimercate. La felice posizione geografica, sulle vie che da Milano e Monza conducono all’Adda, favorisce già in età cinquecentesca la nascita di diverse attività artigianali e commerciali. Al prestinaio, al torchiatore d’olio, all’oste, al trebbiatore e al cavallante, si affiancano le botteghe, di carattere tipicamente famigliare, dei gügiroeu, cioè fabbricanti d’aghi e spilloni.

Fu questa attività a dare per lungo tempo notorietà al borgo di Concorezzo e a richiamare mercanti dall’intero circondario e da paesi più lontani per approvvigionarsi di aghi, nonché di spilli e spilloni utilizzati per la sperada, la tipica acconciatura femminile esclusivamente in uso in Brianza fino primi decenni del XX secolo. Tra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVIII secolo, tra carestie e pestilenze, la popolazione del borgo è pressoché stabile (circa 750 abitanti) e poco cambia l’assetto delle attività commerciali. Un significativo balzo in avanti si verifica nel XIX secolo con il ritorno del governo Asburgico.

La migliore organizzazione dello stato, unitamente ad una certa stabilità sociale, da una spinta al commercio. In particolare il borgo di Concorezzo progressivamente cambia fisionomia attraverso l’urbanizzazione lungo l’asse viario che da nord a sud lo attraversa (il cardo maximus di epoca romana). Il centro si sposta in prossimità del palazzo feudale dei conti De Capitani (investiti del feudo di Concorezzo nel 1690) e della nuova chiesa parrocchiale progettata dal marchese Cagnola (la prima pietra viene posata nel 1810).

A questo passaggio si associa il fiorire delle attività commerciali, che ora trovano collocazione prevalentemente lungo la corsia del borgo (attuale via Libertà). Se nel 1836 gli iscritti all’albo degli esercenti arti e commercio sono trentina, appena cinquant’anni dopo 32 sono solo i negozianti (9 venditori di vino, 10 di liquori, 9 di grassine, 2 macellai e 2 prestinai). Siamo agli albori della grande industrializzazione che sta facendo i suoi primi passi anche a Concorezzo. Tra il termine dell’Ottocento e il principio del Novecento sul territorio comunale vengono impiantati grandi stabilimenti, in particolare tessiture, capaci di dare lavoro a centinaia di donne e bambini. Sono anni di tumultuosa crescita sia demografica sia economica, dove al reddito agricolo si affianca la paga settimanale per le maestranze impegnate negli opifici.

La disponibilità di denaro lungo tutto l’anno, ovvero la maggiore possibilità di spesa, dà il via a quella lenta trasformazione dell’economia locale che porta dalla mera produzione agricola per l’auto sussistenza famigliare all’acquisto di beni prodotti da terzi. A partire dai primi decenni del Novecento le attività commerciali nel borgo iniziano a coprire anche nuove esigenze. Sempre a carattere famigliare ecco arrivare il cartèe , ‘l casular, cervelèe, etc.

Vengono e passano i due grandi conflitti mondiali e la Concorezzo degli anni Cinquanta del Novecento è un popoloso paese di oltre 7500 abitanti in cui le grosse industrie di inizio secolo hanno lasciato il posto a unità produttive medio piccole, condotte da locali imprenditori. Il benessere diffuso è andato di pari passo con il vivace fiorire di piccole attività commerciali di vario genere, ora non più solo legate ai beni primari. Dal negozietto di dolciumi di “Carlotta” in piazza della chiesa, dove si spende la scarsa mancia domenicale dei ragazzi in stringhe di liquirizia, farinetta di castagne, pipette di rosolio, gelato e granite, a quello di “Minich” in via Libertà con la classica “sciavata”, il legnoso frutto della carruba dal sapore dolciastro, a “Gineta” con i suoi gelati e altri dello stesso genere.

Come non ricordare sarti e sarte specializzati in abiti su misura (i grandi magazzini sono solo nelle città), abili nel riadattare i vecchi vestiti dai genitori ai giovani figli. Negli anni ‘50 se ne contava più di una decina, oltre ai diversi ciabattini che non lesinavano i ferretti di protezione per una maggior durata di tacchi e suole. Ma non solo, anche a Concorezzo si producono pregiate scarpe su misura; il signor Teruzzi detto il “Piscenela”, con il negozio in via Libertà, propone manufatti apprezzati da una vasta clientela anche forestiera.

Poi la drogheria Visconti (la “Cèca”) col negozio nel palazzo di Villa Pernice in via Libertà, pieno di profumi di caffè, cioccolato, spezie e dolciumi e le salumerie (ul Merunen, la Lacera, Angiulen da Basili e altri) aperte nelle mattine delle più importanti festività, per garantire alla clientela gli affettati freschi (“ul mist)”. Diversi sono i negozi di macelleria, frutta e verdura, cartolerie, mercerie, casalinghi, chincaglieria e parrucchieri, che soddisfano i bisogni della popolazione. Ma siamo ai giorni nostri. Per questa ragione nasce l’esigenza di conservare attraverso un riconoscimento la storicità di queste attività in modo tale da assicurare questo patrimonio alla memoria collettiva, dandone pertanto la giusta valorizzazione in quanto testimonianza diretta dell’evoluzione del nostro territorio nel corso del tempo.