Dalla Chiesa: "Le mafie hanno colonizzato il Nord"

dallachiesa.jpgConcorezzo. Un'analisi lucida e spietata. Nando Dalla Chiesa, questa volta più nelle vesti di docente di Sociologia della criminalità organizzata (Facoltà di Scienze Politiche, Università degli Studi di Milano) che di politico, mercoledì sera è stato ospite in paese, all'interno del ciclo di incontri promosso in Brianza anche dall'associazione Minerva. Il professore ha scattato una fotografia dettagliata della genesi del fenomeno mafioso e della diffusione della criminalità organizzata a Nord, parlando di vera e propria colonizzazione.

 

A presentare l'evento Giacomo Cassani, a coordinare gli interventi la giornalista concorezzese e prima firma delle pagine milanesi del Corriere della Sera, Elisabetta Soglio.

 

Che si trattasse di una lezione e non di un semplice incontro pubblico lo sì è capito subito dalle prime battute quando, sorprendendo alcuni, ha da subito smontato alcune delle “credenze” popolari che più volte si sentono associate al tema della serata: la mafia ormai è dei colletti bianchi el a mafia si sta infiltrando al nord. In poche parole ha liquidato il primo mito definendo senza remore “mercenari” quei professionisti che si prestano per pura avidità a favorire i desideri dei capo clan. Più articolata è stata la spiegazione del secondo assunto. Facendo sussultare non pochi tra i presenti, Dalla Chiesa ha espresso con voce ferma che alle mafie non interessa “infiltrarsi” ma “colonizzare il territorio”. E’ infatti attraverso il controllo del territorio che la delinquenza trova terreno fertile nello svilupparsi ed affermarsi, a mettere quindi le radici in una zona, radici che poi sono difficili da estirpare.

 

E se il sentimento comune immagina la mafia dei colletti bianchi la realtà è ben diversa tanto che dagli atti processuali si viene a sapere che le riunioni dei clan avvenivano anche in luoghi che dovrebbero essere il simbolo della loro sconfitta come il circolo ARCI intestato a Falcone e Borsellino in un paese della Brianza.

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E’ infatti il concetto di studio delle metodologie delle mafie il filo conduttore della serata, perché per combattere un nemico non bisogna immaginarlo ma bensì conoscerlo nei suoi minimi particolari, come il professore non solo insegna nel suo corso universitario ma che non perde occasione di ribadire in incontri con le scuole perché le nuove generazioni possano essere l’arma vincente in questa guerra. Quindi tra racconti di atti processuali e esperienze passate e recenti ha descritto quello che ritiene il suo principale fallimento: da uomo politico non essere riuscito a far capire che le mafie sono il vero problema  tanti che oggi, anche tra i “nuovi rottamatori”, la questione rimane fuori dalle agende politiche di tutti. Ultima frecciatina alla politica, sollecitato da una domanda del pubblico, è sulla legge elettorale che prevede la presenza di “nominati dai nominati” in parlamento tanto che la percentuale di laureati attualmente presenti a Roma è inferiore a quella del primo parlamento costituente, e non sono passati pochi anni…..

 

Fino alla fine degli anni Ottanta la Lombardia vedeva la presenza pressoché esclusiva di Cosa Nostra, mentre oggi, con un territorio letteralmente spartito tra diverse geografie di cosche, a fare da padrona è la 'ndrangheta, che ha saputo fare alleanze non solo criminali, ma anche politiche, imprenditoriali e sociali. Nel 2010 risultavano 16 cosiddette "locali", organizzazioni mafiose lombarde autonome da quelle calabresi (ma sempre di origine calabrese) e federate tra di loro. I settori privilegiati sono quelli dei servizi, del movimento terra e dell'edilizia. Alla droga ci pensa la Camorra, mentre i clan dei casalesi preferiscono il settore del gioco d'azzardo, in primis elettronico.

 

"Un incontro ricco di stimoli per una riflessione attenta - commentano i ragazzi di Minerva - che ha avuto senza dubbio il pregio di motivare i presenti alla ricerca della conoscenza e al superamento di diffusi luoghi comuni. Abbiamo discusso a proposito delle caratteristiche delle organizzazioni criminali nel Nord Italia, oggi colonizzato dalle mafie. Abbiamo affrontato il tema del significato etico e sociale di una cultura della legalità che veda il cittadino protagonista, superando la retorica dell'eroe e che parta dalla conoscenza. Abbiamo parlato dei limiti della politica e della classe dirigente del nostro paese, culturalmente poco consapevole e spesso complice di un sistema corrotto e criminale. Contiamo di proseguire in questo percorso di crescita e approfondimento. Nei prossimi mesi lavoreremo alla realizzazione di nuove iniziative che possano entrare ulteriormente nel merito, coinvolgendo personalità di prestigio e soprattutto provando a coinvolgere un numero crescente di cittadini". 

Foto ANGELO BUSCAINI

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"Ogni iniziativa di denuncia e di stimolo alla consapevolezza è fondamentale per unire la società civile, la politica e il mondo imprenditoriale nel contrasto a questo cancro. Ringrazio l'associazione per l'organizzazione di questo importante momento di riflessione e confronto - commenta l'assessore alle Politiche sociali, Marco Melzi, presente alla serata - Voglio solo sfatare, però, il mito della mancanza di consapevolezza: fin dagli anni Ottanta, quando gli imprenditori faticavano a denunciare per paura, la politica lanciò proprio l'allarme della colonizzazione, termine ribadito da Dalla Chiesa. Soprattutto i soggiorni obbligati dei mafiosi siciliani al Nord aprirono la strada a una contaminazione del territorio che era fino ad allora estraneo a queste infiltrazioni. Ricordo bene un manifesto della Lega del 1992, che naturalmente in quel periodo non venne preso in considerazione. Oggi però guardiamo avanti tutti insieme: questa deve essere una battaglia di tutti".